Cookie Consent by Free Privacy Policy Generator website Il Frantoio Rescio di Calimera

Il Frantoio Rescio di Calimera

Nascosto sotto le strade di Calimera c’è un frantoio assai particolare. E’ uno dei pochi, rimasto come catturato da una istantanea ottocentesca tale e quale al suo aspetto primitivo, con tutto il suo corredo di storia minima dei suoi abitanti: il Frantoio di Antonio Brizio Rescio, che con mio grande piacere ho conosciuto di persona, e ho da lui avuto il prezioso regalo di toccare la vita lontana del Salento.

Antonio lo ha ereditato nel 1948, da suo padre, e nonostante l’età ed i suoi acciacchi, ha voluto accompagnarmi in questa romantica discesa nel sottosuolo della città di una volta. Si emoziona ancora, quando racconta, di questo grande tempio del lavoro, lo sento, il suo orgoglio, lo vedo, nei suoi occhi, nelle mani, i vestiti… E mi sento orgoglioso anch’io, di stare quaggiù, con lui.

antonio rescio

Il frantoio era rimasto sepolto per chissà quanto tempo, fino a quando dei lavori stradali non hanno scoperchiato il suo accesso, la scalinata di pietra. Da allora l’aria penetrò di nuovo in questa grande grotta artificiale, nella quale è rimasto tutto immobile, gli oggetti di una vita sorpresa ancora calda e umida come nell’atto del suo muoversi.

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Molti reperti, come vedremo, sono stati accuratamente sistemati sopra la base della macina… ma intorno è tutto una sorpresa.

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Tanto per cominciare un particolare non presente negli altri frantoi in genere, ed è quello che sembrerebbe un simbolo, il sole, stemma tanto caro alle comunità grike del Salento. Un sole “umanizzato”, scolpito sopra una sciava, il soffitto da cui i contadini facevano cadere le olive dall’esterno.

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Molti cocci di vasi e vasetti d’ogni tipo…

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Ed a tutti gli angoli è rimasta la lampada ad olio che rischiarava l’oscurità dell’ipogeo. Si notano diverse croci graffite, sulle pareti.

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Antonio mi racconta, che all’epoca non sapevano scrivere, perciò ogni volta che facevano una macina, segnavano una tacca sulla parete… cosicché tutti i muri sono intagliati.

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Sopra, un altro “sole”, realizzato in un altro punto del frantoio…

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Altre figure si sono purtroppo rovinate coi secoli…

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Molti ambienti si succedono, uno accanto all’altro…

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…e sempre una lampada poggiata in una nicchia…

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Un chiodo, lungo oltre 10 cm, arrugginito, vecchio di chissà quanto tempo…

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Le travi dei torchi, un legno consumato dai secoli…

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Uno degli ambienti più suggestivi è la stalla dell’asino (o del cavallo?), con il pavimento lastricato con cura…

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La piccola mangiatoia… forse qui lavoravano solo un paio di animali…

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…l’interno conserva ancora l’ultima biada! Se la si tocca, si sfarina come polvere… la lasciamo come una reliquia!

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In quest’angolo, in basso, il pavimento si inclina per far scolare con l’acqua con gli escrementi dell’animale…

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Fra gli oggetti dimenticati, un paio di occhiali… d’altri tempi!

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Ma sono rimaste anche delle spade… erano veramente tempi duri!

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Fra gli altri oggetti, le pipe, che non potevano mancare a quei lavoratori instancabili, e poi lu mappu, ossia quell’attrezzo metallico a forma di piatto, nel quale il frantoiano raccoglieva letteralmente l’olio a mano, quando galleggiava sopra l’acqua.

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Piccole armi di difesa, ma anche arnesi per svolgere lavoretti veloci e utili.

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E sopra, scorgiamo anche la tripla canna di un fucile, tra i finimenti dei cavalli…

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Il soffitto sopra la grande macina conserva ancora la stanga di legno originale, e si può notare, ci dice sempre Antonio, il taglio dal quale in origine fu calata la pesante pietra rotonda che doveva frantumare le olive.

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All’interno di una sorta di grande cassapanca, un grattatoio… forse lo usavano come si usa ancora oggi per il formaggio!

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Il passaggio della strada, proprio sopra il frantoio, ha obbligato la costruzione di pali di sostegno, per la messa in sicurezza della struttura.

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Un “piccolo mondo antico” che ritorna dal passato fino a noi!

frantoio rescio di calimera

Una galleria di immagini che va a completare quella generale che stiamo raccogliendo sui Frantoi del Salento. Una visita molto istruttiva, di cui ringrazio il prezioso nonno Antonio, suo figlio e nipote, che mi hanno accompagnato, e il mio amico Alfonso Maggiore, che me ne ha parlato, consentendomi questa piccola grande avventura che non dimenticherò!

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