Cookie Consent by Free Privacy Policy Generator website Melpignano, nel cuore della storia del Salento

Melpignano, nel cuore della storia del Salento

Melpignano, piccola cittadina situata nel cuore del Salento e dell’isola linguistica nota come “Grecìa Salentina”, ha una storia lunghissima e interessante, oltre a far parte dei Borghi Autentici d’Italia e dell’Associazione Comuni Virtuosi per la gestione ecosostenibile del territorio.

Un lungo cammino con qualche millennio sul groppone, portato con leggerezza e splendore, dal tempo dei menhir fino al Rinascimento, dal Barocco fino ai giorni della Notte della Taranta, tutto questo vedremo, con qualche sorpresa inedita, lungo questa pagina!

Melpignano

Tutto il borgo gira attorno a questo sontuoso palazzo, la corona di questo territorio…

…si tratta del Palazzo Marchesale Castriota, finito di edificare nel 1636 per volere di Giorgio Branai (Granai) Castriota, figlio di Giovanni Fabio e di Eleonora Macedonio. La costruzione dell’edificio fu commissionata all’architetto Francesco Manuli che nella realizzazione operò soluzioni architettoniche sobrie e decorazioni eleganti e poco appariscenti, più vicine ad un gusto rinascimentale.

Lungo la facciata, nella parte alta, scorre una lunga iscrizione che ricorda il lignaggio dei suoi proprietari.

Tutto intorno ad esso fiorirono le attività produttive…

…mentre ogni pietra, ancora oggi, riporta memorie passate…

Questa struttura nasconde nel suo sottosuolo un frantoio…

…ce n’erano diversi, in paese, come in tutto il Salento qui si produceva l’olio lampante destinato alle corti di mezza Europa.

Il palazzo era cinto da torri ed una muraglia difensiva, al cui interno c’era pure un giardino…

Mostra in maniera evidente la sua origine di impianto difensivo (visto il periodo in cui nacque, bersagliato dai Turchi), al quale appartengono le torri di vedetta e le mura di difesa con i camminamenti di ronda che recingono l’ampio giardino retrostante.

Il palazzo ospitava un tempo una ricca pinacoteca, ora trasferita a Molfetta, che annoverava, tra gli altri, dipinti del Veronese, del Domenichino, del Tintoretto, del Giaquinto, oltre che dei più rinomati pittori salentini dell’epoca. In una delle sale interne, precisamente sull’architrave del suo accesso, c’è una iscrizione molto interessante, che il prof. Armando Polito mi ha aiutato a tradurre. Recita così…

STET DOMUS HAEC DONEC FLUCTUS FORMICA MARINOS EBIBAT ET TOTUM TESTUDO PERAMBULET ORBEM. La data è 1548. Si tratta di una coppia di esametri che utilizza la figura retorica dell’adinato (o adynaton, dal greco ἀδύνατον, che significa cosa impossibile), molto frequente nella lirica classica amorosa, dove si leggono espressioni come: “I pesci voleranno e gli uccelli nuoteranno prima che il mio amore per te abbia fine”.
E’ perfettamente conservata, tuttavia, per coloro che non hanno l’occhio allenato ne ho ricalcato nella foto sopra il testo, che tradotto recita così: “Questa casa stia in piedi finché la formica non beva le onde del mare e la tartaruga non compia il giro di tutto il mondo”. Navigando su internet ne abbiamo trovato altri due esempi in nord Italia, a Cremona e Adria, ma credo che la citazione originale provenga dalla Scozia, dall’abbazia di Inchcolm, fondata nel XII secolo. Fu prima adibita a convento di Agostiniani, diventando un’abbazia nel 1235. L’isola su cui sorge fu attaccata dagli inglesi dal 1296 in poi, e l’abbazia fu poi abbandonata nel 1560. Da allora venne usata per scopi difensivi, in quanto situata in una posizione strategica e sopraelevata. L’iscrizione che si trova a Melpignano è  scolpita sopra l’ingresso di questa abbazia. Sotto di essa qui è riportata, con la data, la frase LABORANDUM UT QUIESCAS. Significa: DEVI AFFATICARTI PER RIPOSARE. La formula è quella cosiddetta del “tu generico”, vale a dire vale per tutti ed è tipica delle sentenze morali.

Il fascino di questo palazzo, per metà fortezza e metà dimora nobiliare, non cessa di suscitare emozioni ad ogni occhiata… verso balconi imponenti…

…stemmi nobiliari scolpiti con arte finissima…

…ed un pavimento (quello della stalla), rimasto intatto, proveniente da quei secoli lontani, che con somma perizia il recente restauro ha nobilitato (come tutto il resto del Palazzo).

Le sale del signore sono affrescate sontuosamente…

Il palazzo custodisce una prigione, una vera chicca, coi muri completamente graffiti dai suoi prigionieri nel corso dei secoli. Qui sopra vediamo San Giorgio, che anche in un luogo come questo sembra far parte della vita dei melpignanesi. Ma per vederli tutti, vi rimando ad un articolo apposito (vedi qui).

La vista delle mura è davvero suggestiva!

Da qui sopra si percepisce bene anche il fossato che proteggeva i bastioni.

Nella zona interna si trova un giardino dove si sviluppano una serie di finestre elogge in pietra leccese, una fontana al centro dei viali disegnati a scacchiera, un pergolato e panche in pietra. In queste immagini il giardino era ancora alle prese con gli ultimi restauri, oggi completamente terminati…

…quindi, anche il giardino è tornato al suo antico splendore!

La città è devotissima a San Giorgio, il suo patrono.

La chiesa madre, dedicata a San Giorgio, risale al XVI secolo, anche se col tempo ha subito alcuni interventi.

Splendido il suo portale cinquecentesco, su cui svetta il santo cavaliere nell’atto di abbattere il drago…

Anche la costruzione accanto, annessa alla chiesa, è decorata da uno splendido portale.

Gli affreschi più antichi, dei primi anni del Cinquecento, si trovano nella zona absidale… qui sopra si vede San Leonardo…

…qui sopra, ritorna San Giorgio…

…ed una Madonna con Bambino.

Anche gli altari sono decorati con arte finissima…

La chiesa si affaccia su piazza San Giorgio, situata nel cuore del paese, si presenta perimetrata da una serie di portici rinascimentali, che costituiscono un raro esempio in Puglia di architettura realizzata a fini commerciali. I lavori di realizzazione iniziarono alla fine del XVI secolo per ospitare il grande mercato settimanale che si teneva il sabato. Qui trovavano posto mercanti provenienti da Lecce, Bari e Napoli, insieme a numerose botteghe. Realizzati in pietra locale, furono ricostruiti alla fine del Seicento per volere del vescovo Maiorano. Nell’Ottocento con lo spostamento del mercato a Maglie i portici persero la loro originaria importanza.

Lungo tutti i muri si leggono ancora i graffiti dei viandanti, che dal Cinquecento in poi ci raccontano scorci di storia minima di questa terra.

Il paese è legato anche alla figura di Santa Maria Maddalena, come dimostra questa piccola e splendida chiesa a lei dedicata (clicca qui per visitarla).

Nelle vie del centro storico si notano diverse cappelle…

…come questa, dedicata all’Arcangelo Michele, costruita nel 1741…

…dove troviamo ancora il Santo patrono…

…e la Maddalena.

La cappella san Pietro d’Alcantara (1693).

Ed altre cappelle, nicchie, edicole votive, stemmi, del borgo antico…

Nel centro storico ci sono le classiche case a corte, emblema di questa parte del Salento…

…rimaste intatte, con tutte le loro caratteristiche architettoniche…

…i dettagli artistici…

Nel borgo antico sono visitabili almeno due frantoi ipogei…

…testimonianza della vita e dell’economia del passato…

…che ha sostenuto per secoli questa terra…

Appena fuori dal centro storico c’è l’antica chiesa dedicata a San Giorgio…

…tempestata di graffiti, di pellegrini che da qui passavano provenendo da ogni dove.

Diversi sono i menhir, a testimonianza dell’antichissima frequentazione di questo luogo. Qui sopra, il menhir “Candelora”, inglobato fra muri moderni…

 

…il menhir “Lama”…

…menhir “Minonna”…

…e nella zona industriale, è stato preservato anche quest’altro menhir, con la consueta (da queste parti!) attenzione alla Storia, anche attraverso questi segni così lontani nel tempo…

In direzione Maglie, c’è Masseria “Santu Loi”, oggi abbandonata…

…un tempo arricchita da questa splendida colombaia “coronata”, a testimonianza della ricchezza che aveva questo territorio.

E chiudiamo dalla chiesa e convento degli Agostiniani, complesso edificato a partire dal 1573 e restaurato nel 1638 dal coriglianese Francesco Manuli su progetto dell’architetto leccese Giuseppe Zimbalo. E’ un piccolo capolavoro barocco!

Molti degli ambienti originali sono stati salvati…

Il convento, compromesso dal lungo periodo di abbandono dopo la sua soppressione, conserva i resti del chiostro del 1644 e un pozzo su cui è scolpita l’aquila a due teste, segno della presenza della famiglia Branai (Granai) Castriota.

Ovviamente, anche qui osservando bene si scorgono graffiti di tempi lontani…

Questo luogo è tornato a nuova vita…

…facendo da cornice, ogni anno dal 1998, al grande concerto della Notte della Taranta, un evento cresciuto a dismisura nel corso degli anni…

…nato per riportare in auge l’antica tradizione popolare salentina della musica e del ballo della Pizzica…

…evento col quale ormai si cimentano da anni i più grandi artisti del mondo…

…accompagnati dagli autori locali, detentori della tradizione. Venire a Melpignano è un viaggio nel cuore di tutto questo: un viaggio nel Salento!

(Ringrazio il prof Polito per l’aiuto concessomi col lavoro per la traduzione, le altre notizie provengono da Wikipedia. Grazie al sindaco Ivan Stomeo, ma anche al suo predecessore Sergio Blasi, per tutto il lavoro che hanno svolto, e stanno svolgendo, per il recupero della tradizione e dei Beni di questo straordinario borgo, che merita di essere conosciuto ogni dove)

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Viaggio a Melpignano

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