Cookie Consent by Free Privacy Policy Generator website Maria Manca, fra eros fede martirio e redenzione

Maria Manca, fra eros fede martirio e redenzione

Era un 21 ottobre, quando conobbi la storia di Maria Manca, quella che sto per raccontare, una data che pensandoci dopo mi lasciò sbigottito. Come davanti a quelle situazioni che sembrano essere dominate da un’entità superiore, non dagli uomini. O meglio, dalle due entità che dominando il mondo da quando è nato, il Bene e il Male.

La storia di Maria Manca comincia nell’anno del Signore 1578, a Squinzano, quando viene a mondo…

Squinzano, vista nel Settecento da Jean-Claude Richard de Saint-Non.

Maria crebbe con una bellezza meravigliosa, e presto divenne giovane sposa e mamma felice, devota a Dio, timorata come nessuna. E’ a questo punto, purtroppo, che per lei cominciò l’epoca delle tragedie. Morì l’amatissima madre sua, e subito dopo l’adorato marito. A quel punto, a neanche ventiquattro anni, consacrò il proprio corpo allo Sposo supremo. Ma c’era un uomo che la desiderava ardentemente, e che per averla era disposto a tutto: Lupo Crisostomo, di Soleto. Avendo visto vani tutti i suoi tentativi di portarla a seconde nozze, si rivolse a un potente mago del suo paese.

Soleto, vista nel Settecento da Jean-Claude Richard de Saint-Non.

A quel tempo, Soleto era nota in questa terra come la patria di stregoni e macare, di gente che utilizzava arti magiche per nuocere al prossimo. Ci sono anche carte processuali del Seicento che accusano donne soletane (una era Leonarda Castellano, che fece un maleficio ad un signore di Gallipoli, per la qual cosa fu appunto condannata). Erano quindi, situazioni molto comuni. Il tale consultato da Lupo gli chiese di portargli il cibo prediletto della donna agognata, così, recatosi da lui con un grosso fungo, ottenne il maleficio che avrebbe vinto Maria. Tramite una donna, che nulla sapeva, glielo fece pervenire, così Maria Manca quella sera stessa cucinò il fungo, lo mangiò, e subito cadde in un vortice d’indicibile lussuria. Lupo ebbe così la sua preda. Insieme convolarono a nozze. Ma già subito dopo essere giaciuta con lui, Maria decadde, come un’ossessa, nel corpo e nella mente. Si ricopriva di piaghe e malattie che nessun medico sapeva guarire. Soffriva terribilmente tutte le pene dell’inferno. In quello stato generò altri figli. Ma il marito, pentito di aver condannato in quel modo la donna, tornò dal mago perché le togliesse il maleficio. Ma quello non c’era più modo di toglierlo. Lupo morì senza essere riuscito ad aiutarla. Maria continuava a pregare la Madonna, a Lei devota come sempre, di essere liberata da tutti quei mali, ma pure aggiungendo che se il Suo Bambino avesse già deciso che così doveva essere, ben lieta ne sarebbe stata lo stesso. Finché, un giorno, un 21 ottobre come si diceva, dopo tanti anni, mentre raccoglieva olive nei campi, le apparve una giovinetta, che le porse un garofano, dicendole: “Prendi. Portalo al mio figliolo, a Galatone”. In quegli anni, in un vicolo stretto del centro storico di Galatone, la gente venerava una sacra immagine del Cristo dell’estrema umiliazione, che un monaco anonimo aveva raffigurato duecentocinquanta anni prima, con le spalle addossate ad un palo, e le mani legate avanti.

L’icona del SS.Crocifisso di Galatone.

Ebbene, una sera, davanti alla folla di fedeli radunati in preghiera, accadde un evento portentoso: il Cristo si animò, scostò il telo che essi avevano steso per proteggerlo dalla pioggia e li guardò con degli occhi che s’accesero di fuoco.

Galatone, vista da una tela del suo Santuario.

In quei giorni, gli eventi strabilianti si susseguivano davanti agli occhi di tutti, e molti furono i miracolati. Ognuno sapeva che era opera di quel Cristo, che dopo quel giorno apparve in quell’icona con le braccia legate dietro la schiena. Certo, nessuno capiva. Maria Manca si diresse da Lui, e gli portò quel garofano.

Maria Manca consegna il garofano al sacerdote di Galatone.

La storia raccontata dalle tele del Santuario di Galatone.

Dopo il prodigio, il corpo di Maria Manca tornò bellissimo come era prima, rinacque a nuova vita, visse per quasi altri cinquant’anni, superando i novanta, durante i quali dedicò il suo tempo ad aiutare la gente e a costruire un santuario per la Madonna. La sua mano destra emanò sempre un profumo paradisiaco, quella mano che aveva raccolto quel garofano, e che toccando i malati questi guarivano.

A Squinzano si può visitare il Santuario, dedicato alla Santissima Annunziata, che Maria Manca fece costruire coi beni che aveva ereditato dal marito, nel 1618.

Una bellissima chiesa, con un grande altare barocco, su cui si conserva una statua di San Giuseppe da Copertino, che qui venne in visita, certamente attirato dai fatti miracolosi che erano accaduti.

San Giuseppe da Copertino

Due statue raccontano la scena dell’apparizione della Madonna che porgeva il garofano, che fu vista da Maria Manca come una giovinetta.

La chiesa è uno scrigno barocco di grande bellezza!

Custodisce un organo ed una interessante pinacoteca…

…costituita dalle tele che ornano tutti gli altari laterali.

Imponente la copertura a volta, decorata con grande maestria.

Alle spalle dell’altare, una scala porta nella piccola casa di Maria Manca… dove tutto è rimasto come allora. C’è ancora qualcuno che lascia il garofano, sul suo letto…

Il focolare, coi suoi semplici arredi, il pozzo, con la pentola con la quale Maria attingeva acqua…

Il suo letto, sovrastato dall’immagine del Crocifisso…

Gli arredi originali…

Fra i suoi oggetti più cari, il rosario dal quale non si separava mai.

Una moneta, ritrovata fra le sue cose. Questa piccola abitazione, vi assicuro, trasuda un senso di pace e armonia difficilmente raccontabile, per cui invito chiunque a visitarla di persona.

Alle spalle della chiesa, Maria fece costruire anche un grande pozzo monumentale, per consentire non solo ai viandanti ma anche alla gente di Squinzano, di potersi rifornire d’acqua.

Oggi il pozzo è in parte rimaneggiato, all’epoca doveva essere splendido!

L’esterno della chiesa è per me ugualmente interessante: letteralmente ricoperto da graffiti di ogni tipo, che i pellegrini hanno lasciato qui nel corso dei secoli e del loro passaggio. Si legge chiaramente anche la data 1619, ossia l’anno dopo l’erezione della chiesa.

Ma anche altre date, dal Seicento a Settecento…

…qui, oltre all’anno 1708 e la Croce, ci sono due iniziali: A e C…

E’ tutto un tripudio di testimonianze nascoste, che sfuggono sempre, generalmente, ai passanti moderni.

Eppure, alla base delle colonne esterne, c’è una lunga epigrafe che dovrebbe essere tradotta, secondo me. “Possibile est”…

…poi la parola “difficile”…

…ed altre non facilmente leggibili…

…che, chissà, potrebbe raccontare una storia. Pare ci sia anche la firma, di un uomo di Lecce…

…che da qui passò, nel 1656.

Oltre alle mani, impronta di piedi, i segni tipici del pellegrino, del viandante.

A pochissima distanza dal Santuario, in piena campagna ormai, c’è il luogo noto come “la Nunziatella”…

Maria Manca, fra eros fede martirio e redenzione

E’ qui che la Madonna, nelle sembianze di ragazzina, apparve a Maria Manca…

Alcune epigrafi raccontano la storia…

Proprio accanto ad un albero di olivo secolare, accanto al quale Maria vide la “Nunziatella” col garofano…

L’olivo c’è ancora, e vi assicuro che dal vivo è molto più maestoso e imponente, testimone appunto di diversi secoli di vita.

Pare che Maria Manca, quando morì, si fece seppellire all’interno del Santuario, in una cripta oggi sigillata…

…ma che all’interno conservava ancora alcuni affreschi, purtroppo ormai perduti. Si scorge la data, 1628. Accanto al volto del Cristo Pantocratore. E diverse ossa, probabilmente anche qualcuna dei figli della stessa Maria.

Nelle campagne, oggi in territorio di Torchiarolo, non lontano da qui, Maria Manca fece costruire un’altra chiesa, dedicata a Santa Elisabetta…

…a testimonianza della sua grande fede.

Qualche anno fa si è occupato di rimettere insieme tutti i documenti storici e le tracce della vita di Maria Manca un professore in pensione di Squinzano, Antonio Luigi Carluccio. Fu proprio lui che incontrai, un 21 ottobre: mi fece notare lui la data, quasi incredulo, il giorno che mi raccontò questa storia prodigiosa, ricca di umanità, miserie e prodigi, che sono propri dell’animo umano. In questo caso, di un animo che guardava al cielo con la tenerezza di un garofano.

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