Enorme, poderoso, carico del suo fardello di storia, il Castello Carlo V di Lecce torna a vivere, ad essere attraversato, ammirato, raccontato, grazie all’encomiabile lavoro svolto dalla Soprintendenza, la Città e l’Università, capitanata dai prof. Paul Arthur e Benedetto Vetere in primis, e dalla loro equipe. Oggi il visitatore che entra in questo maniero non può che restare affascinato.
Costruito a partire dal 1539, quando cioè l’Imperatore, sopra la precedente costruzione medievale, volle far erigere un grande baluardo sulla costa adriatica dotato di tutte le nuove architetture medievali. I turchi, che si affacciavano ormai sovente dal mare, avrebbero trovato oltre al castello di Acaya, questa nuova fortezza, a cui lavorò lo stesso ingegnere militare: Giangiacomo dell’Acaya.
Le sale del castello sono state fornite dall’Università di un prezioso apparato figurativo, che visivamente fa risaltare immediatamente agli occhi del visitatore una ricostruzione completa del territorio della città, oltre che del maniero. Sopra, si vede l’intera Lecce quattrocentesca, a due passi dal mare, racchiusa all’interno delle sue mura. E sotto, come era il castello, appunto, nel 1400.
Gli scavi archeologici stanno riportando alla luce alcune strutture, risalenti al periodo federiciano, che denotano l’importanza strategica di questa città.
Recenti ritrovamenti hanno permesso di intuire che ci fosse una rocca anche nel periodo precedente a Federico II…
Nella foto successiva, una suggestiva visione dall’alto, del castello, gli scavi e in lontananza il campanile del Duomo.
Gli scavi stanno riportando alla luce anche un’enorme quantitativo di reperti, che non fanno che confermare la vetustà del castello originario.
Qui sopra, uno dei reperti più interessanti: si legge sul rigo superiore: “Giovanni Antonio”, che lascia subito pensare al figlio di Maria D’Enghien, l’Orsini Del Balzo.
Dalla piazza d’armi spicca subito la torre angioina, il luogo più alto di tutta la costruzione…
Sulla sinistra, una volta entrati nel piazzale, si erge la chiesa di Santa Barbara…
…l’interno è uno scavo anch’esso, sono messe a nudo le precedenti infrastrutture, il tutto in modo che sia possibile una passeggiata per il visitatore.
Sulla destra, invece, si aprono gli ambienti delle prigioni…
Le prigioni conservano ancora i graffiti lasciati dai prigionieri, centinaia di anni fa. Molti di questi disegni, sono stemmi nobiliari. Chissà, forse fra queste mura ci fu anche Giangiacomo dell’Acaya, dopo la triste disavventura che lo vide agli arresti, per aver fatto da garante ad un debitore insolvente.
Non solo stemmi, fra i graffiti delle prigioni, anche figure umane, difficilmente traducibili.
Tutti i graffiti di questo settore sono stati studiati dagli archeologi dell’Università del Salento nel periodo 2004-06.
L’Università del Salento ed il Laboratorio di Archeologia Medievale, con la collaborazione di Benedetto Vetere, Elisabetta Caliandro, Max Limoncelli, Marisa Tinelli, Roberto Costanzo, Luigi Oliva, Luigiantonio Montefusco, la collaborazione del Comune di Lecce e delle Soprintendenze ed altri, ha sistematicamente documentato i graffiti della torre Mozza del Castello di Lecce, realizzando anche ricostruzioni virtuali che saranno presto materia di una pubblicazione.
Il report è stato prodotto nell’ambito dell’Accordo di Programma tra l’Università ed il Comune per la “Valorizzazione del Patrimonio artistico e culturale della città.
QUI, un approfondimento sui graffiti di queste prigioni.
Ma non sono gli unici graffiti. In una sala a piano terra che si affaccia sulla piazza d’armi si ritrovano immagini come quello della foto successiva.
Quando il castello fu ampliato, il vecchio fossato fu coperto con una grande volta a botte, le mura erette più in fuori, e oltre le nuove mura fu scavato il fossato definitivo. In questa immagine dell’Università del Salento vediamo la pianta completa.
Dall’alto, la copertura del vecchio fossato risalta ancora meglio…
Ma scendiamo giù, e visitiamo le gallerie, sorte proprio all’interno dell’ex fossato.
Qui c’erano le guarnigioni ed i cavalli.
In questi scavi all’epoca ricavarono anche diverse cisterne, perfettamente disegnate, utilizzate per vari usi.
La chiesa di Santa Barbara non era l’unico luogo di culto. Sotto il mastio c’è un’altra cappella…
…con un pregevole altare barocco…
Al piano superiore c’è un’ulteriore cappella, affrescata, di cui restano tracce bellissime…
Siamo nell’ambiente più gotico di tutto il castello, caratteristici sono i capitelli e le grandi arcate sulla volta…
Bella e imponente è anche la “Sala Maria d’Enghien”, voltata in maniera superba, decorata in ogni angolo della sala.
Come si diceva, l’Università del Salento ha provveduto a fornire queste stupende sale di pannelli illustrativi, ed una piccola mostra museale con i reperti rinvenuti in loco.
Ogni scorcio di questa immensa dimora lascia di stucco, per la maestosità, anche degli stemmi…
Sopra, lo stemma posto sull’ingresso originario del castello, posto in direzione del mare. Interessantissima l’iscrizione sottostante, che certamente risale al periodo in cui l’imperatore Carlo V non aveva ancora abdicato (1555), e che ricorda che l’Impero si estendeva su un territorio dove “non tramontava mai il sole”.
Un viaggio che auguriamo a tutti i visitatori, e non solo i turisti stranieri. Questo castello ha ancora molto da svelare! Attendiamo il lavoro degli archeologi.
(che ringrazia il prof. Paul Arthur per il sostegno e la documentazione fotografica)
© Questo sito web non ha scopo di lucro, non userà mai banner pubblicitari, si basa solo sul mio impegno personale e su alcuni reportage che mi donano gli amici, tutti i costi vivi sono a mio carico (spostamenti fra le città del territorio salentino e italiano, spese di gestione del sito e del dominio). Se lo avete apprezzato e ritenete di potermi dare una mano a produrre sempre nuovi reportage, mi farà piacere se acquisterete i miei romanzi (trovate i titoli a questa pagina). Tutto ciò che compare sul sito, soprattutto le immagini, non può essere usato in altri contesti che non abbiano altro scopo se non quello gratuito di diffusione di storia, arte e cultura. Come dice la Legge Franceschini, le immagini dei Beni Culturali possono essere divulgate, purché il contenitore non abbia fini commerciali. I diritti dei beni ecclesiastici sono delle varie parrocchie, e le foto presenti in questo sito sono sempre state scattate dopo permesso verbale, e in generale sono tutte marchiate col logo di questo sito unicamente per impedire che esse finiscano scaricate (come da me spesso scoperto) e utilizzate su altri siti o riviste a carattere commerciale. Per quanto riguarda le foto scattate in campagne e masserie abbandonate, se qualche proprietario ne riscontra qualcuna che ritiene di voler cancellare da questo blog (laddove non c’erano cartelli o muri che distinguessero terreno pubblico da quello privato, non ce ne siamo accorti) è pregato (come chiunque altro voglia segnalare rettifiche) di contattarci alla mail info@salentoacolory.it
Leave a reply