Cookie Consent by Free Privacy Policy Generator website Menhir, cripte e peculiarità di Finibusterre

Menhir, cripte e peculiarità di Finibusterre

A finibusterre, al Capo di Leuca, l’ultimo lembo di terra prima che il Salento si inabissi nel mare, dicono i vecchietti che “li paisi te lu capu se movenu”, i paesi del Capo si muovono, si spostano, ed incredibilmente questa “magia” mi è toccato di provarla anch’io, che pure mi sposto in lungo e in largo su questa terra ed in teoria dovrei conoscerla senza navigatore.

Probabilmente il segreto sta nell’incanto del viaggiatore, che viene a trovarsi in questo territorio, che, ammaliato da bellezze di ogni tipo si distrae molto facilmente, perdendo così la strada fra un paese e l’altro.

Menhir, cripte e peculiarità di Finibusterre

Provo a condividere qui con voi alcuni luoghi che mi hanno incuriosito, alcuni, di un percorso che si potrebbe ripetere all’infinito e sempre nuovo!

Patù. Siamo davanti all’antica edicola di Sant’Aloia, un tempo era affrescata l’effige del santo. Questi grandi blocchi monolitici erano spesso utilizzati per costruire questi piccoli luoghi di culto che accompagnavano i viandanti di questa terra (vedi articolo).

In questo piccolo borgo veramente caratteristico, oltre alla celebre Centopietre, vi sono altre peculiarità. Qui siamo davanti ad un’aia rimasta intatta, un tempo luogo della lavorazione del grano…

…accanto ad essa, si erge questo strano cono, che tante volte mi ha istillato curiosità per scoprire la sua funzione…

Se ne trovano diversi, nel capo di Leuca, e non so se sia una caratteristica del territorio o se negli altri siano semplicemente scomparsi: fatto sta, girovagando nei dintorni, ne spuntano diversi, qui siamo presso Salignano…

…e stavolta decido di vederlo da più vicino…

…e ci do una sbirciata dentro. C’è anche una fessurina costruita appositamente, mi riferisco a quella in basso a destra (nella foto sopra), non alle crepe che purtroppo la costruzione sta producendo.

La piccola volta è perfetta, spero resista ancora, fino a quando qualcuno la potrà restaurare. Ho chiesto in giro, ed ovunque ho raccolto la testimonianza che si tratti di pollai. Eh si, per qualche motivo i contadini pensavano che le galline potessero starci bene, in strutture alte e strette come queste.

Qui siamo ad Arigliano, davanti al piccolo menhir “della croce”. Alto 1,30 metri, conserva incisa su due lati la croce di Lorena, un simbolo a forma di croce con doppia trasversa, detta anche croce patriarcale, in pratica due croci infisse una sull’altra.

La croce patriarcale, chiamata croce d’Angiò poi di Lorena, figura nello stemma dei duchi d’Angiò divenuti duchi di Lorena dal 1473. Deve la sua forma alla croce cristiana. La piccola traversa superiore rappresenta il titulus crucis, cioè l’iscrizione che Ponzio Pilato avrebbe fatto porre sulla croce di Gesù: “Gesù Nazareno, re dei Giudei”, abbreviata in “INRI” (dal latino Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum).

Non è l’unico menhir presente in zona: sempre in territorio di Arigliano, accanto a questa piccola cappella…

…e seminascosto dalla vegetazione, si erge, alto 1,70 metri, quest’altro monolite, assai meno lavorato e più grezzo.

Qui siamo presso San Dana, il minuscolo borgo che porta il nome del santo albanese…

…dove resiste una chiesa rupestre dedicata a Sant’Apollonia.

La cripta di Santa Apollonia risale ai secoli VI-XI, ha un unico vano, a impianto quadrato, scavata nella roccia, all’interno della quale è presente una celletta con un sedile dove soggiornava l’egumeno. Sono presenti alcuni affreschi, dei quali quelli decifrabili sono la Madonna con Bambino, la Trinità, San Francesco d’Assisi e Sant’Apollonia. La struttura è stata recentemente recuperata dopo un lungo periodo di completo abbandono.

Caratteristico, il sedile scavato nella roccia…

Un’ultima chiesa accompagnava il cammino della fede sulla via Leucadense, dei pellegrini che sin dal nord Europa giungevano fino alla Basilica della Madonna di Finibus Terrae, a Leuca: una sosta, giusto un chilometro prima di giungere all’estremo lembo di terra considerato Finibusterre e guadagnare l’indulgenza plenaria e le porte del Paradiso…

…siamo nella chiesa della Madonna delle rasce. Un nome curioso, probabilmente dovuto alle sterpaglie e i rovi, le “scrasce” del dialetto popolare locale, che circondano sempre questo luogo.

Fu costruita nella seconda metà del XVII secolo…

…e purtroppo, all’interno, non ha conservato nulla dei suoi arredi originari, e i vandali l’hanno deturpata per tanto tempo…

All’interno, lungo una parete da cui si è staccato l’intonaco, si nota come il materiale di costruzione sia stato anche pietrame informe…

…ma la volta è assai bella, altissima e spaziosa.

Porte e finestre sono decorate con cura, e presentano fregi e figure.

Anche alcune croci lasciate dai pellegrini, adornano le sue mure esterne…

…sopratutto lateralmente, e sul muro posteriore…

…dove le croci si moltiplicano a dismisura…

… si trova quella col Calvario…

…come anche altre, per me nuove…

…e quella associata al simbolo dell’ancora, che stava a significare il Cristo ancora di salvezza.

Veduta posteriore.

Curioso questo vecchio cartello stradale che è sopravvissuto, nel centro storico di Salignano.

Ma andiamo verso il mare, sulla costa che da Leuca risale verso nord…

Torre Marchello in realtà è ormai solo un cumulo di rovine collassate su se stesse…

Adiacente alla torre, è rimasto questo silos, sicuramente funzionale all’attività dei cavallari che qui risiedevano dal XVI secolo…

…ora restano qui solo i fiori di cappero.

Una delle più belle insenature salentine: quella di San Gregorio!

Questo antico porto era collegato alla città messapica di Vereto. San Gregorio era un approdo costiero molto ben organizzato. Nel suo porto approdavano navi provenienti da ogni angolo del Mediterraneo. Si fermavano qui per commerciare i prodotti del capo di Leuca. Protetto dai venti e ricco di sorgenti di acqua dolce era un luogo ideale per sostare dopo lunghi viaggi. Nonostante le piccole dimensioni del porto il via vai era molto intenso. Sono stati ritrovati infatti molti resti di ceramiche romane, brocche, e alcune monete coniate a Durazzo tra il 238 e il 168 a.C.

Dell’antico molo lungo circa 70 metri restano solo le fondamenta di appoggio, oggi sommerse. A pochi metri dalla riva sono visibili ancora un pozzo d’acqua dolce, e nell’area dello scalo i resti dell’antica scalinata messapica, composta da grossi blocchi megalitici. Sulla vetta del promontorio si ergeva la cinquecentesca Torre San Gregorio.

Qui sopra, forse l’ultima vecchia casa di pescatori rimasta di fronte al mare di San Gregorio.

Ed eccoci a Finibusterre, davanti alla Torre dell’Omo Morto, a Leuca…

Purtroppo anche questa è in rovina…

…ma si intuisce ancora bene la loro antica forza, le mura massicce e funzionali con cui furono erette.

E’ anch’essa una delle centinaia di sorelle che costituirono la lunga linea di sbarramento sul mare che in Salento si costruì nel XVI secolo con le Torri costiere

…emblema semplice di una terra che non si è mai arresa a tutte le difficoltà che la Storia le ha posto contro.

(fonti web e wikipedia)

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