Posta in via San Rocco e visitabile durante le ore di apertura al culto ed alle attività parrocchiale, l’antica chiesetta di Santa Caterina d’Alessandria risale al 1086 e fu costruita per volontà della nobildonna normanna Caterina Perrese. L’edificio, il cui accesso oggi è poco visibile perchè nascosto all’interno di un cortiletto, fu consacrato dal vescovo di Bitonto Giovanni I nel 1108.
Trasformazioni sostanziali dell’edificio si sono succedute nei secoli, come la demolizione delle absidi e l’apertura di porte laterali, avvenute nel 1624.
In questo periodo il pavimento originario venne coperto e il presbiterio fu sollevato da un nuovo piano pavimentale. Fra il 1974 e il 1980 vi sono stati numerosi lavori di restauro, arricchiti da un’indagine archeologica che ha riportato alla luce il bellissimo pavimento originario.
Questa chiesa ha una storia incredibile per una serie di crolli e rifacimenti. Il primo crollo documentato risale al 1211 e la ricostruzione avvenne nel 1269 per volere del Re di Napoli Carlo I d’Angiò, come è possibile leggere nell’epigrafe che sovrasta il portale d’ingresso, sormontata da una scultura raffigurante un orso.
Da notare il campanile a vela, modificato da aggiunte posteriori.
All’interno le maggiori modifiche hanno riguardato le finestre della navata centrale, mentre l’impianto basilicale è rimasto pressochè intatto. Peccato per la chiusura delle absidi che ha distrutto gli affreschi che le abbellivano.
Da notare la prima arcata a tutto sesto del presbiterio e le altre ad ogiva della navata.
Il pavimento è un tappeto musivo con tessere calcaree monocrome di forma quadrangolare o rettangolare, che disegnano molteplici motivi geometrici a spina di pesce, a croce, a rombo, ecc.
Si estende lungo la navata centrale e nel presbiterio, ed è realizzato con lastrine calcaree in opus tesselatum, secondo modalità stilistiche di cui cominciano ad essere note diverse attestazioni, a Bari e nel suo territorio.
La sua peculiarità consiste nella ricerca stilistica impiegata, per cui le tessere, tutte di colore chiaro, sono state disposte a formare nove diversi tipi di ornato geometrico, formando nella navata tanti piccoli pannelli.
La zona presbiteriale invece mostra uno schema omogeneo con tessere quadrate disposte a formare motivi romboidali delimitati da bande diagonali.
Interessanti sono anche i lacerti di affresco ancora visibili sulle pareti.
E interessanti sono anche le epigrafi sul primo pilastro a sinistra che nella prima parte recita ‘Pars Operis Tanti Pre(Ti)Osum Pes Elefanti Scribe Formatus’, indicante tale Elefante scriba.
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