Cookie Consent by Free Privacy Policy Generator website I palmenti di Pietragalla (Potenza)

I palmenti di Pietragalla (Potenza)

Un viaggio in Basilicata è sempre un ritorno alle origini contadine del meridione d’Italia. Siamo a Pietragalla (Potenza), davanti ad un interessante insediamento agricolo che ha prodotto vino per  una grande comunità di famiglie che di questa terra vivevano. Alla cui memoria è dedicato questo breve reportage.  Le prime notizie relative a questo agglomerato rurale,

sito nella cosiddetta Tofi, risalgono al XIX secolo, anche se la tipologia era già in uso dal 1700, come si evince da alcuni documenti storici. Infatti vengono citati palmenti “a casetta d’avanti di fabbrica” in prossimità delle vigne di Pietragalla, sopratutto quando queste sono ubicate lontano dal centro abitato o palmenti all’interno di cantine “atte a tener vino con cortile avanti” del centro abitato (Mancosa, Santa Maria delle Grazie e Casale).

I palmenti di Pietragalla (dal latino “paumentum”, l’atto del battere, del pigiare, da cui deriva anche pavimento) rappresentano un insediamento produttivo rurale storico, a metà tra il paesaggio urbano e l’agrario, significativo per l”omogeneità e l’estensione, per le caratteristiche costruttive e per la caratterizzazione formale dell’ambito su cui l’insediamento è sorto.

I palmenti di Pietragalla (Potenza)

L’area ha un estensione di circa due ettari. Il sito in posizione strategica tra l’antico borgo e le vigne, è costituito da un particolare sistema di grotte, per lo più ipogee, adibite alla trasformazione delle uve.

Disposte in modo casuale, tipico delle costruzione spontanee, le circa 200 grotte sono scavate nella roccia arenaria, perciò facilmente lavorabile.

La tipologia di base è rappresentata da un sistema minimo costituito da una piccola vasca di modeste dimensioni (circa 0,80 x 1,00 x 0,60 metri) per la pigiatura dell’uva, un vascone più ampio e profondo, il vero e proprio palmento, per la fermentazione del mosto (circa 3 x 4 x 2 metri), adiacente alla vasca della pigiatura e ad essa direttamente collegata, e una vasca per spillare il vino, detta palmentedda, collegata con quella di fermentazione.

La quota differenziata di ogni vasca permetteva il facile travaso da una all’altra.

Le dimensioni delle varie vasche erano relazionate alle misure umane e alla produzione vinicola.

All’interno di questo atrio vi sono alcuni elementi funzionali, come la costante presenza di nicchie dovuta alla necessità di alloggiare vivande e candele. In alcuni casi vi è anche un camino per riscaldare il mosto per accelerare il processo di fermentazione. Spesso sul soffitto della vasca della pigiatura si trova infisso un robusto anello di ferro che serviva da appiglio al pigiatore.

Un piccolo mondo antico, la cui laboriosità ha tenuto in vita il borgo poco distante e che non deve cadere nell’oblio. Ringrazio l’amico Stefano Margiotta per il reportage fotografico, che mi consente di condividerlo con tutti voi. Le notizie provengono dai pannelli illustrativi presenti in loco. Un viaggio da consigliare a tutti!

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