Cookie Consent by Free Privacy Policy Generator website Kailash Temple, meraviglia dell’India

Kailash Temple, meraviglia dell’India

La Sirena della Conoscenza ci accompagna in quest’altro viaggio oltre il Salento, fino in India, ai piedi di uno dei suoi più favolosi tesori: il Kailash Temple! Fin dall’antichità, contemporaneamente, centro di pellegrinaggio di 3 grandi religioni: buddhismo, brahmanesimo e giainismo. Proprio a questa sua particolarità si deve la fioritura artistica dell’architettura rupestre che la farà diventare patrimonio dell’Unesco.

Siamo a Ellora, dove si trova un complesso di ben 34 grotte adibite a templi, scavate nella roccia basaltica in un periodo che va dal V al X secolo e oltre.

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Tra i templi scavati nella roccia per quasi 1 km e affiancati l’uno all’altro lungo la parete di un’elevata scogliera di basalto nella località di Ellora (Maharashtra) il Kailas, Kailash o Kailasa Temple è stato costruito nel corso dell’VIII secolo d.C. dal re Rashtrakuta Krishna I, come attestato dalle iscrizioni presenti in lingua Kannada.

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Il Kailasa è un notevole esempio di architettura dravidica per la sua proporzione impressionante, la lavorazione elaborata, i contenuti architettonici e le decorazioni scultoree e pittoriche dell’architettura indiana rupestre.

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Il tempio è stato commissionato e completato tra il 757 e il 783 d.C., quando Krishna I stabilì il proprio regno nel territorio.

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L’intenzione del progetto era quella di raffigurare il Monte Kailash, la casa del dio degli asceti Shivaisti, scavando un enorme complesso megalitico in una singola roccia.

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Il Tempio Kailasa si distingue per il lavoro di scavo ed intaglio in verticale, iniziato dalla cima della collina e scavato procedendo verso il basso, così come insegnavano i metodi tradizionali rigidamente seguiti dai maestri architetti, che si tramandavano l’Arte da padre in figlio.

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Tutti gli scavi sono a più livelli: uno per il cortile, un’altro per il primo piano del portico perimetrale e delle prime sale, l’ultimo (il secondo piano) per le sale più alte.

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Dai segni di scalpello sulle pareti, gli archeologi avrebbero concluso che sono stati usati tre tipi di scalpello per scavare il tempio.

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Si stima che circa 400.000 tonnellate di rocce siano state scavate nel corso di decine di anni per costruire questa struttura monolitica.

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I detriti e gli scarti di pietra sono stati scaricati davanti al tempio e costituiscono l’attuale rampa d’accesso al tempio stesso. Un ingresso “gateway” a due piani si apre per accedere ad un cortile a forma di U.

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Il cortile è contornato da un porticato a pilastri di sezione quadrata da cui si accede ai vari templi scavati lungo il perimetro, alcuni dei quali sono alti due piani.

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All’interno del cortile si trovano due strutture architettoniche: la mandapa del toro Nandi (la sacra cavalcatura di Shiva) e il tempio vero e proprio, cui si accede dalle scalinate e che è composto da una sala colonnata detta mandapa e dalla cella sacra che contiene il Lingam, simbolo del dio Siva.

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Un terrazzino esterno circonda la cella e serve per compiere le 3 rituali deambulazioni sacre; su di esso sono ricavati 5 piccoli tempietti. Sempre nel cortile sono scavati due alti pilastri votivi o lanterne che ricordano le colonne simboliche di Ashoka. La base del tempio è stata scolpita a suggerire il fatto che gli elefanti sostengono e proteggono il tempio di Siva.

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I portici corrono lungo i 3 lati posteriori del cortile. All’interno sono punteggiati da enormi pannelli scolpiti e da nicchie contenenti gigantesche sculture raffiguranti varie divinità.

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La struttura piramidale a torre (sikhara) posta sopra la cella è una delle più alte del sud dell’India.

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Il santuario, completo di pilastri, finestre, ambienti interni ed esterni, aule per i pellegrini, è scolpito con nicchie, finestre ed immagini di divinità, nella maggior parte dei casi rivestite da intonaci che in origine erano dipinti.

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Spiriti volanti maschili (Yaksas o Gandharvas) e femminili (Yaksinas) sono ricavati sulle pareti delle edicole esterne.

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Su due pareti laterali del tempio sono scolpite scene tratte dai mitici testi sacri del Mahabaratha e del Ramayana.

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La maggior parte delle statue di divinità sono riferite allo Shivaismo (seguaci del Signore Shiva), mentre altre divinità sono riferite al Vishnuismo (seguaci del Signore Vishnu).

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Alla base di una scaletta è scolpita una moonstone, soglia a forma di luna di tradizione Buddhista che accoglie, in segno di benvenuto, il pellegrino. La Nandi Mandapa e il tempio di Shiva sono alti 2 piani ciascuno e raggiungono circa i 7 metri.

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Qui siamo nella mandapa del secondo piano che precede la Cella Sacra (Garbaghra) e questa è la portafinestra che dà su un terrazzino esterno. Il Lingam, monolite verticale simbolo sacro del dio Shiva, è scavato nella stessa roccia del tempio ed è ricavato al centro della cella sacra, sopra una base a forma di goccia: la Yoni, il simbolo femminile.

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Tipica della tradizione Rasthrakuta, ed ereditata dalla dinastia dei Chalukya di Badami, è la ricca decorazione dei pilastri che si accompagna ai dipinti dei soffiti, ora illeggibili per la presenza di un grosso strato di caligine nera.

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I Pavone, uccello sacro, è contenuto in un arco Chaitya che rappresenta i fiumi sacri che escono dalla bocca di un Kithimuka, animale mitico che protegge i luoghi sacri. Interessante e rara nell’iconografia induista l’uso della foglia di fior di loto rivoltata a forma di cuore.

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Il Kirtimuka è una figura mitica associabile ad un mostro, dal muso di leone e di drago, e quindi ad un elemento negativo. Così fu all’inizio dei tempi per numerose divinità mostruose, che furono vinte in combattimento da Shiva e trasformate in entità positive, che con la loro mostruosità devono tenere lontani gli spiriti maligni.

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Il Gathapallava è un elemento decorativo a forma di pantola o vaso contenente fiori, ghirlande e fronde vegetali.

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Di origine Buddhista, esso decorava pareti e colonne dei primi templi rupestri Buddhisti fin da prima di Cristo.

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Inizialmente era costituito solo da un grande vaso, poi venne arricchito degli elementi vegetali dai bravissimi scultori delle dinastie Chalukya di Badami e Pallavas (da cui è derivato parte del nome).

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Da questi modelli gli scultori Rashtrakutas derivarono questi splendidi elementi abilmente traforati. Una carrellata finale per sottolineare che la meraviglia destata da questo “miracolo” dell’artificio umano, non ha mai fine!

di Gianluigi Vezoli

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