Cookie Consent by Free Privacy Policy Generator website Il Museo Archeologico di Taranto

Il Museo Archeologico di Taranto

Quando un museo riesce coi suoi contenuti a raccontare la storia di un’intera terra, attraverso millenni di distanza, non si è più all’interno di un semplice contenitore, ma nella migliore scuola per formare le nuove generazioni: questo è il Museo Archeologico Nazionale di Taranto,

uno dei più importanti a livello nazionale, fondato nel 1887. Personalmente, durante la mia ultima visita ho vagato quasi 4 ore in queste sale, in preda ad una vera e propria estasi del sapere e della bellezza, e nonostante la mia lunga esperienza di videomaker mi risulta difficile cercare di ricreare questa esperienza in un qualsiasi filmato. Nel tentativo di indirizzare chiunque ad una visita di persona vi mostro qui solo una minima parte del mondo ricreato in queste sale, che parte dalla preistoria e ci accompagna senza fiato sino al Medioevo. Questa testa di donna in terra cotta (IV secolo a.C.) ci introduce in quel favoloso mondo che doveva essere la Taranto greca, centro del Mediterraneo e della cultura di allora, come la madre patria. Il gruppo di Orfeo e le sirene è tornato recentemente a Taranto, da dove fu trafugato negli anni ‘70 con uno scavo clandestino e venduto dai soliti miserabili ladri di Storia, prima in Svizzera e poi negli USA al Getty Museum. Il rientro è stato possibile grazie ai Carabinieri del comando Tutela Patrimonio Culturale. Risale al IV secolo a.C. e mostra Orfeo con la sua cetra in mano, mentre canta, davanti alle sirene, lo spauracchio di tutti coloro che attraversavano il mare al tempo del Mito. Davanti al canto di Orfeo restano però incantate e tacciono: lui faceva parte della spedizione degli Argonauti e riesce così nell’impossibile: salvare i suoi amici e tornare in patria. Non è l’unico personaggio del mito che rivive in questo scrigno. Guardate. Afrodite che si sfila la ciabatta per sculacciare quel filibustiere di suo figlio Eros, colpevole di farci innamorare tutti come pazzi con le sue dannate frecce. Ercole affronta a mani nude l’Idra di Lerna, una delle sue celebri Fatiche. Prometeo (“colui che riflette prima”), che rubò il fuoco agli dei per darlo all’umanità e subì per questo la punizione di Zeus che lo incatenò ad una rupe ai confini del mondo, dove un aquila andava ogni giorno a mangiargli il fegato, perché essendo egli comunque immortale, ogni giorno gli ricresceva. Questi vasi sono l’autentico specchio della cultura di allora… è un turbinio di immagini che catturano l’osservatore… mentre le danze più sfrenate colgono le donne, e bighe e cavalieri fortissimi impazzano con le loro corse… Una delle esposizioni più emozionati del Museo è sicuramente la Tomba dell’Atleta. Parliamo di uno dei più grandi atleti dei giochi panatenaici della storia Greca, celebrati ad Atene ogni 4 anni, in onore della dea Atena. E lui, l’uomo in questione, era nativo di Taranto. Si tratta dell’unico atleta del mondo greco di cui sia stata interamente recuperata la sepoltura. Il suo scheletro è perfettamente conservato, il suo corpo fu sepolto tra il 500 e il 480 avanti Cristo. nella mano sinistra aveva un alàbastron, ossia il vasetto porta unguenti usato dagli atleti. Ai vertici della sua tomba furono rinvenute tre anfore e qualche frammento di una quarta. Solo un personaggio di grande prestigio poteva giustificare una simile sepoltura. Per i Greci i campioni dello sport erano quasi venerati come le loro divinità. I 4 vasi posti agli angoli della sua sepoltura sono di anfore usate per premiare i vincitori, l’equivalente delle attuali medaglie d’oro delle Olimpiadi. Una delle anfore rivela la sua partecipazione alla corsa delle bighe, una delle competizioni più dure in assoluto, in cui spesso gli atleti rischiavano grosso. Splendore dell’arte magno-greca, lo Zeus di Ugento è una stupenda statua bronzea, proveniente dalla grande città messapica di Ozan, che ci riporta al 530 a.C. e dentro uno spaccato fondamentale della cultura messapica e del suo Olimpo: il culto per Zis Batàs, lo Zeus saettante. Alto 74 cm, poggia su un capitello in stile dorico, e rappresenta il dio colto nell’attimo in cui sta per scagliare un fulmine. Zeus viene scolpito nudo ed è riconoscibile dai suoi tipici attributi: le tracce del fulmine rimaste nella mano destra, le zampe dell’aquila che in origine era posta sulla sua mano sinistra. Stupenda la sezione preistorica e dell’età del Bronzo. Qui vediamo alcuni dei reperti provenienti dalla celeberrima Grotta dei Cervi di Porto Badisco, fra cui spicca questo volto dipinto della Divinità Madre del VI millennio a.C. …oltre ad altri reperti ritrovati in grotta. Il ricco panorama archeologico del Salento preistorico si fregia le sue bellissime Veneri di Parabita, due piccole sculture di donne incinte, datate attorno ai 14.000 anni, che nel 1965 furono rinvenute all’interno di una grotta, in località Monaci a Parabita. Sono ricavate da due frammenti ossei di animale, forse di cavallo, alte una 9 cm e l’altra 6,1. La Valle della Cupa, la grande depressione alluvionale del Salento centrale, ha restituito nel 1968 la più antica scultura in pietra del Salento: il cosiddetto Idoletto di Arnesano. Presso l’attuale Comune, in località Riesci, già Cosimo De Giorgi aveva individuato alla fine del 1800 l’esistenza di un villaggio del Neolitico, catalogando egli stesso numerosissimi reperti, fra armi, utensili in selce e ossidiana, oltre a tantissime terre cotte. Qui vediamo i vasi ritrovati nella sepoltura. Nella grande collezione numismatica, una moneta che raffigura il mito di Taras, il fondatore spirituale dell’antica colonia spartana: circa 2000 anni prima di Cristo, mentre sulle rive italiche del mar Ionio Taras compiva sacrifici per onorare suo padre Poseidone, gli sarebbe apparso improvvisamente un delfino, segno che avrebbe interpretato di buon auspicio per fondare una città da dedicare a sua madre Satyria, da cui deriva il nome della odierna località di Saturo. Le sale che ospitano i reperti della sezione greco-romana mostrano una grandissima varietà di oggetti, sculture in marmo, mosaici pavimentali, tombe monumentali, sculture in pietra tenera, ceramiche delle necropoli, oreficerie. Due sale sono dedicate alle sculture in marmo risalenti all’età ellenistica. Un’altra sala espone sculture, mosaici ed epigrafi provenienti da edifici pubblici e privati, tra cui figurano le teste in pietra di carparo risalenti al periodo romano. Fra i reperti più enigmatici c’è la statua di basalto del dio egiziano Toth, proveniente da Hermopolis e riferibile al periodo Saitico della XXX dinastia del VI sec. a.C., rimasta impigliata nelle reti di alcuni pescatori nel 1934 in prossimità dello scoglio della Malva, a Porto Cesareo. Quasi sicuramente il simulacro del dio della scienza, raffigurato nelle sembianze di babbuino, doveva far parte del carico di una nave oneraria romana, che rischiò il naufragio lungo le coste dell’antico porto di Sasina. Un’altra grande scoperta del XIX secolo, che qui è custodita, sono le splendide statue delle Cariatidi di Vaste, che gettarono nuova luce sulla magnificenza dell’antica Basta, città messapica e poi romana, dove una ricca famiglia fece costruire questo monumentale ipogeo per accogliere i suoi morti. La struttura era costituita da tre ambienti, uno dei quali a cielo aperto, e gli altri da due camere accostate. L’ingresso era abbellito da 4 splendide statue di donna. Le 4 cariatidi sostenevano un sontuoso fregio, decorato da un bassorilievo che raffigurava la corsa di un carro trainato da leoni e guidato da guerrieri. L’arte racchiusa in queste sale raggiunge vette altissime… guardate queste mani, questo manufatto, noto come “lo schiaccianoci”… Qui un fregio proveniente da un sarcofago attico con la scena di un assalto alle navi, del II secolo… Osservate questo superbo vaso, coi signori del regno dei morti, Persefone e Ade, raffigurati nell’Oltretomba, accompagnati da Hermes accompagnatore delle animeHekate, Megara, Orfeo e le DanaidiE guardate invece questa scatola a forma di due valve che imitano la forma del Pecten Jacobaeus… Qui siamo invece davanti ad un’icona bizantina, datata tra la fine del XV e gli inizi del XVI secolo… Questa era una terra “ricca”, dalla preistoria in poi sempre ha dato la possibilità di crescere alle genti che l’hanno abitata. Osservando questo splendido Museo si comprende appieno anche questo! Da visitare, per chiunque voglia arricchirsi coi valori che servirebbero adesso, al mondo di oggi.

ALESSANDRO ROMANO (chi sono)

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