Cookie Consent by Free Privacy Policy Generator website Alla scoperta dell’Arazzo di Bayeux

Alla scoperta dell’Arazzo di Bayeux

E’ noto come Arazzo di Bayeux, anche se non è un vero e proprio arazzo, ma un tessuto ricamato, lungo circa 70 metri, realizzato in Normandia o in Inghilterra nella seconda metà dell’XI secolo.

Descrive per immagini i principali avvenimenti relativi alla conquista normanna dell’Inghilterra del 1066, culminanti con la battaglia di Hastings. Ma una buona parte di queste immagini rappresenta anche fatti precedenti l’invasione stessa. Benché apparentemente favorevole a Guglielmo il Conquistatore al punto da essere considerato talvolta un’opera di propaganda, in realtà la sua finalità è l’affermazione della legittimità del dominio normanno in Inghilterra. L’arazzo si prefigge come obiettivo di creare una convivenza pacifica tra normanni ed anglosassoni: ne è la prova il fatto che, a differenza di altre fonti l’arazzo vede sotto una luce positiva Aroldo, elogiato per la sua vicinanza e intimità con il re santo Edoardo (che si vede nella prima scena). L’arazzo di Bayeux ha un valore documentario inestimabile per la conoscenza della Normandia e dell’Inghilterra dell’XI secolo. Costituito di varie pezze per una lunghezza totale di 68,30 metri, era conservato sino alla fine del XVIII secolo nella collezione della Cattedrale di Bayeux. La sua impostazione grafica, articolata in azioni concatenate che vedono in scena un totale di 126 personaggi diversi, prefigura una visione fumettistica della rappresentazione. Contiene la raffigurazione di 626 persone, 202 cavalli e muli, 505 animali di altro genere, 37 edifici, 49 alberi. In totale 1515 soggetti forniscono una miniera di informazioni visive sull’XI secolo: per la storia navale, ad esempio, si apprende dalla forma delle vele che le navi utilizzate erano di tipo vichingo; per lo studio delle armi e armature, possiamo vedere come attraverso una macchina del tempo che le armi usate da ambo le parti, che erano di origine scandinava; per l’araldica si registra il primo uso in battaglia di insegne allo scopo di distinguere amico da nemico. Verso l’anno 1100 il cronista francese Balderico compose per Adele di Normandia, figlia di Guglielmo il Conquistatore, un poema nel quale descrive un arazzo intessuto di seta, oro e argento, e raffigurante la conquista dell’Inghilterra; anche se le misure dichiarate e i materiali costitutivi di tale arazzo indicano un oggetto diverso, benché l’esistenza stessa dell’arazzo della contessa Adele sia messa in discussione, è probabile che il poema di Balderico si ispiri, direttamente o indirettamente, all’arazzo di Bayeux. Il più antico riferimento diretto all’arazzo è un inventario dei beni della cattedrale di Bayeux raccolto nel 1476, che ne menziona l’esistenza e precisa come venisse appeso lungo il perimetro della navata della cattedrale per alcuni giorni ogni estate. Nel 1562 alcuni religiosi, avvertiti dell’imminente arrivo di soldati ugonotti, nascosero gli oggetti sacri, tra cui l’arazzo, per salvarli dal saccheggio. La Rivoluzione francese per poco non portò alla distruzione dell’arazzo. Pare che il messaggio che i creatori dell’opera volessero far eternare sia l’invito a superare assieme il trauma dell’invasione, ma anche quello di critica e sfiducia verso il mondo laico-aristocratico, portatore di morte ed instabilità. In ogni caso, essendo opera di religiosi, i morti eguali tra loro possono rappresentare una generica critica verso la guerra, negatrice della più basilare pietà cristiana. In questa suggestiva scena c’è la cometa di Halley, osservata in Inghilterra nell’aprile 1066. Gli elementi raffigurati, con qualche intervallo, nella parte inferiore e superiore del tessuto, animali fantastici, selvaggi o domestici, favole, scene erotiche, non sembrano avere un rapporto col racconto principale. Pochissime sono le donne raffigurate nel fregio, tutte inglesi. Solo una è citata col suo nome: Aelfgyva (nome usato da diverse regine, che deriva dall’antico sassone e significa “dono degli elfi”). Interessantissime sono le riproduzioni dei castelli temporanei, le cosiddette “motte”, piccoli fortini in legno tirati su in cima ad una collina artificiale, tecnica di occupazione del territorio che i Normanni applicarono anche in sud Italia (in Salento ce n’è una intatta, vedi qui), qualche tempo dopo. L’arazzo ci consente una conoscenza importante riguardo a fatti storici dei quali abbiamo poche altre tracce. Ci apporta informazioni sulla spedizione, sul ruolo che i fratelli di Guglielmo ebbero nella conquista, su Oddone. Soprattutto è inestimabile il suo valore per la conoscenza della vita dell’epoca, innanzitutto sulle tecniche di ricamo dell’XI secolo, in particolare per la comparsa di quello che da allora è detto punto di Bayeux, ma anche su altre tecniche, dato che sono rappresentate scene di costruzione di navi; compaiono poi i carri dei trasporti e gli arredi della corte di Guglielmo e l’interno del castello di Edoardo, a Westminster; dalle numerose raffigurazioni di soldati si sono potute trarre informazioni circa l’equipaggiamento. Così, sono ben visibili particolari aspetti tecnici dell’arte militare, come le staffe e gli speroni che usano i cavalieri normanni, una innovazione per l’epoca. Vi sono dei segni distintivi sugli scudi, cosa poco diffusa fino ad allora; ed ancora, i soldati sono rappresentati mentre combattono a mani nude quando tutte le altre fonti scritte dell’epoca descrivono i soldati che si battono (e cacciano) quasi sempre muniti di guanti. Osserviamo poi che l’acconciatura dei capelli dei protagonisti varia secondo la nazionalità: gli inglesi portavano capelli su tutto il capo, con baffi e barbe, mentre i normanni e la maggior parte dei loro alleati francesi avevano la parte bassa del cranio e il mento rasati. Nel 2007 l’UNESCO ha inserito l’arazzo nel Registro della Memoria del mondo.

ALESSANDRO ROMANO (chi sono)

© Questo sito web non ha scopo di lucro, non userà mai banner pubblicitari, si basa solo sul mio impegno personale e su alcuni reportage che mi donano gli amici, tutti i costi vivi sono a mio carico (spostamenti fra le città del territorio salentino e italiano, spese di gestione del sito e del dominio). Se lo avete apprezzato e ritenete di potermi dare una mano a produrre sempre nuovi reportage, mi farà piacere se acquisterete i miei romanzi (trovate i titoli a questa pagina). Tutto ciò che compare sul sito, soprattutto le immagini, non può essere usato in altri contesti che non abbiano altro scopo se non quello gratuito di diffusione di storia, arte e cultura. Come dice la Legge Franceschini, le immagini dei Beni Culturali possono essere divulgate, purché il contenitore non abbia fini commerciali. I diritti dei beni ecclesiastici sono delle varie parrocchie, e le foto presenti in questo sito sono sempre state scattate dopo permesso verbale, e in generale sono tutte marchiate col logo di questo sito unicamente per impedire che esse finiscano scaricate (come da me spesso scoperto) e utilizzate su altri siti o riviste a carattere commerciale. Per quanto riguarda le foto scattate in campagne e masserie abbandonate, se qualche proprietario ne riscontra qualcuna che ritiene di voler cancellare da questo blog (laddove non c’erano cartelli o muri che distinguessero terreno pubblico da quello privato, non ce ne siamo accorti) è pregato (come chiunque altro voglia segnalare rettifiche) di contattarci alla mail info@salentoacolory.it

Leave a reply

You may use these HTML tags and attributes: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.