Cookie Consent by Free Privacy Policy Generator website Nella casa di Girolamo Marciano

Nella casa di Girolamo Marciano

Quando scoprii che la Descrizione, origine e successi della provincia di Otranto, opera del medico e letterato Girolamo Marciano, di Leverano, vissuto fra 1571 e 1628, era pubblicata gratuitamente in rete da Google che l’ha digitalizzata, mi venne l’insopprimibile desiderio di visitare la sua casa, nel centro storico del suo paese natale. Una visita in punta di piedi nella vita di un uomo che

insieme al Galateo fu il pioniere moderno di Terra d’Otranto, colui al quale si indirizzò una folta schiera di viaggiatori e studiosi sette-ottocenteschi come il Pacichelli, Gregorovius, ma sopratutto Sigismondo Castromediano e Cosimo De Giorgi.

leverano, Nella casa di Girolamo Marciano

Fu così che mi ritrovai rapito, insieme al suo testo, nel borgo antico di Leverano…

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…leggendo il frontespizio dell’antica edizione di questo libro, che si scoprì pubblicamente soltanto nel 1855 a Napoli… dove l’Editore di allora (Stamperia dell’Iride) scriveva dell’Autore:… “per dar termine alla descrizione della sua provincia e per conferirne col Conte di Palmerigi Alessandro Mattei, si recò presso di lui, desideroso non meno de’ suoi libri e consigli, che di vederlo personalmente, mosso dalla fama della sua dottrina e della sua ricca biblioteca. Che seco lui si trattenne per qualche tempo si conosce dalle sue parole: onde io per curiosità di vederlo, e per finire comodamente queste mie fatiche, mi ridussi in questo luogo (Palmerigi), quasi in una rimota vita, avendo quivi ad esse imposta l’ultima mano, e comunicate e discorse con esso signore molte cose di questa mia descrizione. Fu adunque di quegli onesti uomini, che senza molto intraprendere, e di mediocre sapere, non visse che per l’esercizio della sua arte, e per gli studii, applicando l’animo soprattutto allo studio delle cose patrie; e di così scarso patrimonio ebbe ad essere , che non potè mandare in luce la sua Descrizione”.

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Questo mi rende particolarmente simpatico il personaggio, che evidentemente non era un “potente”. Studiò medicina a Napoli e dopo aver conseguito la laurea nel 1593 ritornò a Leverano, dove visse esercitando la professione medica. Si sposò con Porzia Grande e un anno prima di morire divenne sindaco di Leverano.

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La sua casa, sebbene salvata dall’amministrazione comunale, si presenta esternamente con i suoi tufi divorati dai secoli…

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…e con diverse epigrafi, semi cancellate anch’esse dal tempo.

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Leggendo il suo libro si colgono numerose “immagini” del Salento d’una volta, che non possono che interessare l’appassionato del territorio: Parlando universalmente, produce e genera questo paese uomini di natura piacevoli, di costumi mansueti, e di senso buono, e non fallace, di volto allegro, e di color vivace, di abito ottimo, di corpo agile, d’ ingegno, azioni e parlar pronto, costumati, non buggiardi, non rapaci, non seduttori, non intemperanti, non desiderosi dell’altrui, non ambiziosi, non ingiusti, non fraudolenti, ma veritieri, fedeli, parchi, liberali, contenti del proprio, ed uniti fra di loro, serbando costanza ed integrità nell’avversa e prospera fortuna; secondo la natura del paese non molto bellicosi, ma per con servar la pace e l’onore fortissimi, nella pace mansueti e trattabili, nella guerra più del dovere forti ed animosi. La temperanza delle donne è simile a quella degli uomini: sono quasi la maggior parte astemie, come le antiche Romane, semplici, pulite, curiose ed industriose, e diligenti nelle cose familiari, pudiche, ed ubbidienti ai loro mariti. Nei giorni festivi non vanno cercando le città se non di rado, quando è necessario, ma se ne stanno nelle case; La bellezza «Ielle figliuole è naturale, non furata, o ad arte abbellita; sono di aspetto grazioso, di volto bello, allegro e leggiadro, alquan to eburneo, brunetto, e pieno di grazia; di statura mediocre, e corpo sano e vegeto, col ragionare dolce, piacevole, onesto , grazioso, le chiome e gli occhi neri, splendidi e fiammeggianti. Hanno un soche di calore pullo Ispano, e Fenicio, come dir vogliamo. Tali erano le vergini Spartane, come dicono i poeti , eccetto che quelle vagavano per i monti e le selve alla caccia, e si univano cogli uomini, queste non escono dalle città , terre , e luoghi rinchiusi , e non solamente nou parlano agli uomini prima che si maritino, ma nè anco ardiscono guardarli , e nou attendr no ai giuochi, ma colle madri sono intente continuamente alle cose di casa, nè si vedono alle finestre, o porte con gesti, cenni, o atti disonesti; onde, si può dire di esse quel che disse il poeta: Inter haee castas comitata matres Nubitis virgo graditur per ora Cieium, et vultu tacite ridenti Ridet amanti. Si maritano, non secondo Platone o Aristotele, di anni 25, ma di età più giovanile di anni 15, o 20, e quasi non si trova alcuna, che di questa età non abbia marito.

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Nel seppellire i morti è pure gran maraviglia , che ancora conservano alcuni costumi degli antichi Egizii , Greci, Trojani, Romani, ed altre nazioni venute in Italia. Era costume de’ Greci , che spirato l’infermo subito gli chiudevano gli occhi e la bocca, come parimente si fa oggi, stimandosi cosa nefanda il vedersi un morto con occhi e bocca aperti. La qual cosa fu proibita da’ Romani con legge, non volendo che ai figliuoli fosse lecito chiuder gli occhi ai lor genitori, parendo lor cosa indegna, che il figlio facesse quell’atto al padre, o alla madre, come nota Vairone. Gli Spartani, morendo il loro re, correvano subito per tutta la città maschi e femmine colle chiome sciolte, gridando che ognuno facesse il segno del morto re, battendo certe pentole di bronzo , che si sentivano per tutta la città, simile a quello che faccioni noi colle campane. Le antiche donne greche e romane costumavano piangendo il morto ridurre a memoria i costumi , i gesti ed i fatti di tutta la passata vita di quello, ed in mancanza di donne consanguinee, stipendiavano le estrance acciò facessero il medesimo , le quali essi chiamavano prefiche , quasi prefette di quell’ ufficio. Onde il verso di Nevio: prefica si tnortuum laudat. Si battevano il petto, laceravano il volto, tagliavano le chiome, mettendole sul corpo del morto. 

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A piano terra c’è un’altra stanza, ora acquisita da privati, assai spaziosa e coperta da una grande volta a botte. Salendo al piano superiore si notano subito i gradini consumati da secoli di passaggio…

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Anche l’ambiente superiore è molto spazioso, ed un camino lo riscaldava ai suoi tempi…

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…un’epigrafe lo sovrasta, scritta in latino ovviamente, e dice così: “spesso da una scintilla si accende un grande fuoco”. Anche in questo possiamo intravedere un aspetto della umiltà di fondo, di questo studioso.

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Continuando a scorrere qualche rigo della sua opera, si legge ancora:… Si vedono per tutte le regioni di questi mari, ed anche in alcuni luoghi infra terra della provincia, come ne’ campi Tarentini, Brundisini, Oritani, di Manduria, Nardò, ed altri dove sono paludi , alcuni spettri, fantasme , o apparenze che dir vogliamo, che il volgo chiama mutate e cambiate, e corrottamente scangiatole, dal mutamento e cambiamento che fanno da luogo a luogo, da forma in forma. Incominciano queste a vedersi dal mese di aprile per tutto il mese di settembre: alcuni ignoranti credono che quelle che si vedono infra terra siano streghe, Lemuri, o vero Lamie, che i Greci dicono Nercidi, donne malefiche, le quali vanno vagando la notte, ungendosi, come essi dicono, con certi uguenti venefici e maleficiati , e credono (il che è maggiore sciocchezza) che si trasmutano in diverse forme e specie di animali, e che volino in diverse e lontane regioni, annunciando diverse cose, danzando per le campagne e le paludi , e conversando ancora con i demonii, entrando per le fessure delle porte chiuse e soffogando i fauciulli , e facendo tali ed altri deliramenti e maleficii. La cui sciocca credenza è nata dalle semplici donnicciole e dall’ignorante volgo; e sebbene il fatto delle streghe è in parte vero, come dalle loro censure ed esperienze si rileva, non di meno il creder questo nelle cose delle fantasme ed apparenze che si vedono in questa provincia, è del tutto falsa ed erronea opinione dell’ ignorante volgo. È ben vero che per quelli sei mesi, come si è detto, si vedono per i mari e le paludi infra terra alcuna volta in forma di città, castelli, torri, armenti, e bestiami, che camminano, ed alle volte vascelli ed armate velificare nel mare, ed altro specie ed immagini di cose diverse , che pajono veramente giuochi e trastulli della dotta e vaga natura.

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Particolari anche le descrizioni di luoghi e fatti connessi, qui descritti in gran numero… Torre degli uomini morti, sulla rivolta del capo Salentino, così detta dalla morte e strage quivi falta de’ Saraceni dall’esercito di Carlo Magno, nel tempo che li discacciò da Vereto, da Leuca, dopo la quale strage fu gran parte de’ morti Saraceni sepolta in una grotta nella rivolta del capo , che soprastà al mare , dentro la quale si vedono anche in sino ad oggi le ossa di quelli sepolti incenerite nella sabbia , che il volgo chiama Grotta degli uomini morti.

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Io ho visto e letto un istrumento mostratomi dal curiosissimo Francesco Antonio de Giorgio mio amico, nel quale si legge che l’anno 1211 a 10 di dicembre Gaita moglie dì Orazio Ruggiero di Rudia dimorante in Lecce donò un pajo di case al monastero di S. Niccolò e Cataldo. Dal quale si raccoglie che sebbene la città di Rudia fu distrutta l’anno 1147 da Guglielmo il Malo, tuttavia insino ai detto anno 1211, e forse più se ne mantennero in piedi gli avanzi, dappoichè gli abitatori non si ridussero totalmente dentro la città di Lecce. Delle reliquie di questa città oggi non si vede altro che rottami di pietre ed il sito dell’ anfiteatro, in cui non sono molti anni fu ritrovato un marmo , che oggi si conserva in casa del signor D. Vittorio Prioli in Lecce con questa iscrizione: OTTACILLA M. F. SECVKD1LLA AMPU1TEATRVM. Non si legge altro che questo nel marmo, non essendo intero, ma in molte parti spezzato…

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Degna di nota anche la sua testimonianza della tomba di Maria d’Enghien… E dopo nell’anno 1537 avendo ordinato l’imperatore Carlo V che si fortificasse il detto castello, il monistero fu trasferito dove oggi si vede, ed il sepolcro della regina Maria disfatto, il quale era nella sua cappella di suntuosissimi marmi con la sua statua coronata, ed in soglio reale assisa, avendo a se d’intorno le statue della Prudenza, Giustizia, Fortezza, Temperanza, Speranza, Fede e Carità, con altre sculture di mirabile artificio.

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Continuando ad osservare i particolari della casa, si notano ad oltre 2 metri di altezza dei fori praticati su due pareti opposte: forse servivano a reggere delle travi, che sostenevano un soppalco, o proprio un altro piano abitativo, sotto questa struttura (foto sopra) dalla quale si accedeva (?).

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Uno degli affacci di casa…

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…ed infine, il terrazzino, sul quale possiamo immaginare lo studioso nelle giornate piacevoli ospitare i suoi amici, e magari discutere di tutto l’amore che egli covava per la sua madre Terra d’Otranto.

(che ringrazia l’Amministrazione Comunale di Leverano, ed in particolare l’amico Massimiliano D’Angela per avermi fatto entrare in questa casa)

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