Cookie Consent by Free Privacy Policy Generator website Grottaglie, la città delle grotte

Grottaglie, la città delle grotte

Grottaglie (Taranto) deriva dal latino Kriptalys e dal greco Kriptos, nome che sottolinea la presenza di grotte in gran parte del suo territorio. Infatti l’origine di Grottaglie è nata dagli insediamenti rupestri susseguitisi sin dal Paleolitico nelle aree, in particolare, di Riggio, di Pezza Petrosa e del Fullonese. Lo scavo in rupe era infatti favorito dalla conformazione sedimentarea calcarea di queste rocce,

ricche di resti fossili.

grottaglie, la città delle grotte

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Si racconta che in epoca romana gli abitanti in fuga dell’antica città di Rudiae, distrutta dalle invasioni barbariche, diedero vita agli insediamenti rupestri dai quali sorsero in seguito Grottaglie e Villa Castelli, ma questa ipotesi non è sostenuta da alcun documento storico (fonte foto sopra: Internet).

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Si dice poi che nel IX secolo un gruppo di ebrei fuggiti da Oria, si aggiunse a queste popolazioni consolidando l’abitudine di vivere nelle grotte scavate lungo gravine e lame, specie nella Lama del Fullonese dove sorgeva la chiesa di San Pietro dei Giudei, ma anche questa notizia non viene avvalorata da documentazione storica. Risale invece a quel periodo l’importante testimonianza costituita dall’insediamento della GRAVINA DI RIGGIO.

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Essa presenta affinità col mondo bizantino negli affreschi che vi si conservano e che presentano iscrizioni in greco.

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LA GRAVINA DI RIGGIO si trova a 4 chilometri da Grottaglie ed è una valle estesa 1300 metri e profonda 25, essa ospita molte specie animali e vegetali.

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I costoni rocciosi della gravina sono caratterizzati da sedimenti relativamente recenti che compongono i vari strati geologici delle Murge interne e di queste Murge Tarantine, per cui nelle pareti delle grotte si possono trovare resti fossili, tra cui molte conchiglie.

grottaglie, la città delle grotte

L’insediamento rupestre occupa quasi l’intera gravina, con le abitazioni, le scale, i sentieri e le opere di canalizzazione per il deflusso delle acque. Nell’insediamento di Riggio è possibile identificare tre distinti nuclei databili dal periodo classico (V – IV secolo a.C.) agli inizi del basso medioevo (X – XIII secolo). Uno a nord, con residui di fortificazioni, uno nell’area centrale della gravina ed uno all’estremità meridionale, ai piedi di una masseria. Tra le grotte più interessanti va ricordata la “casa fortezza”, che si sviluppa su tre livelli ed è frutto di successivi riadattamenti di cavità naturali. ( Foto Rossella Baldacconi, Internet ).

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Le pareti della gravina ospitano quindi diversi tipi di grotte, tra essi interessanti sono il “cavernone”, la cosiddetta “farmacia”, il “cenobio”, alcuni locali comunemente indicati come “vedette”.

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Alcune grotte rettilinee, caratterizzate da uno scavo poco profondo, si dice ospitassero arnie per l’allevamento delle api, e per la conseguente raccolta del miele.

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Sul costone Sud della Gravina e precisamente sotto l’ovile della Masseria di Riggio troviamo la GROTTA DEL REDENTORE O DEL SALVATORE O CRIPTA MAGGIORE, chiesa rupestre a navata unica e quadrata. che presenta affinità col mondo bizantino negli affreschi che ancora si conservano.

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La Cripta, come per la maggior parte delle chiese rupestri pugliesi, fu voluta probabilmente da qualche famiglia locale come cappella di famiglia e cripta funeraria.

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Considerando gli scritti di alcuni storici, si deduce che originariamente si accedesse alla cripta tramite un ingresso rettangolare sormontato da una lunetta e due finestrelle laterali poste sull’architrave, utilizzati come sfiatatoi quando la porta era chiusa.

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Sulla parete di fronte all’entrata si aprono due absidiole : una al centro e una alla destra di chi guarda. Due strati di intonaco coprivano tutta la superficie, ma oggi sono ridotti a chiazze sulle quali si intravedono parti di figure.

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La chiesa presenta agli angoli destro e sinistro due fonti battesimali, di cui uno maschile e uno femminile; si possono notare anche le sedute lungo i lati di tutta la Chiesa. Il soffitto è oggi rovinato da un particolare fungo che ha la capacità di consumare i vari strati di roccia e dalla fuliggine che lo ricopre.

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Nell’abside destra rimane parte di un altare alla latina addossato alla parete.

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La chiesa conserva, in palinsesto, due strati pittorici appartenenti ad importanti cicli di affreschi ormai andati quasi completamente distrutti. “Le tangenze stilistiche e iconografiche con la pittura cappadoce e siro – palestinese dello strato più antico (prima metà del X secolo), la presenza della più antica Deisis dell’Italia meridionale nell’absidiola di sinistra, e ancora di Elia che dona il suo mantello ad Eliseo” come prefigurazione della Missione degli Apostoli (scena che compare per la prima, ed unica, volta in Puglia, caratterizzata dall’impianto iconografico segnato da un monumentale carro e da una vivacità dove predominano, come in tutto il primo strato, colori vividi) insieme ad altri elementi ancora, fanno della decorazione del primo strato di questa cripta una sorta di scrigno prezioso, da custodire e preservare con cura”. (M.F.Castelfranchi 1998).

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Nell’abside centrale sul più antico strato di intonaco si intravede la figura maestosa del Salvatore in mezzo a due santi. Qui si “… confermano le tendenze iconografiche peculiari della pittura rupestre pugliese, ovvero innanzitutto l’assenza di cicli cristologici completi “…” i resti della parte inferiore di una Crocifissione, dove il Cristo indossa il colobium, la tunica lunga, iconografia di origine siro-palestinese, sembrano infatti i soli pertinenti ad una scena cristologica”. (M.F.Castelfranchi 1998).

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La figura del Cristo è racchiusa in una cornice a mandorla ; l’impostazione della figura e la sua realizzazione sono arcaiche e Cristo è in atto di benedire. Il Cristo è deturpato da un buco che lo orba dall’occhio sinistro. Si pensa, secondo racconti popolari, che i Signori dell’epoca nascondessero dei tesori all’interno degli occhi del Cristo e della Vergine. Oggi si presentano quindi bucati, in quanto la gente comune praticava questi fori per cercarvi il tesoro.

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Alla destra di chi guarda, accanto al Salvatore troviamo la Vergine il cui capo è circonfuso da un nimbo giallo delimitato da un contorno rosso punteggiato di bianco.

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Molti lacerti presentano scritte, acronimi e monogrammi.

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Nell’abside di destra troviamo la figura della Vergine seduta col Bimbo in braccio.

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Sul lato sinistro sono raffigurati gli apostoli Pietro e Andrea col viso rivolto al centro, rilevati da alcune scritte greche.

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Sul lato destro il volto di un santo con i baffi, barba e capelli lunghi, si presume sia l’apostolo Paolo.

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“Il secondo strato (…), meglio leggibile sulla parete destra – ove in alto sono campite le immagini di sette vescovi – e segnato da una tendenza più grafica rispetto a quella, maggiormente espressiva, dello strato più antico, si può agevolmente datare all’XI secolo anche per le cogenti affinità con i vescovi nei clipei dell’Exultet 1 di Bari, del 1030 ca. il cui ruolo di nodo di trasmissione stilistica e iconografica accanto all’altro, non certo marginale, di diffusione di culti di santi orientali e soprattutto greci – ad esempio sant’Arsemo di Corfù e il più celebre san Luca di Focide, fondatore del monastero di Hosios Loukas – è confermato da confronti con altri affreschi dell’Italia meridionale bizantina”. (M.F.Castelfranchi 1998).

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Un sentito ringraziamento all’amico Gianclaudio Sannicola che mi ha accompagnato nella visita alla Gravina di Riggio.

Gianluigi Vezoli

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