Cookie Consent by Free Privacy Policy Generator website Capotenda, meraviglia di Gravina in Puglia

Capotenda, meraviglia di Gravina in Puglia

La zona di Capotenda è un fazzoletto di terra che si trova sul costone esterno della Gravina Grande di Gravina in Puglia. Un luogo da molti ancora inesplorato, dove si trovano tracce archeologiche tra cui tombe ed antichi insediamenti rupestri. L’area è una zona archeologica tra le meno conosciute di Gravina di Puglia e si raggiunge camminando lungo il sito archeologico del Padreterno,

proseguendo a mezza costa per circa 800 metri di distanza.

Capotenda, meraviglia di Gravina in Puglia

Capotenda è un bell’esempio dell’ unione tra uomo e natura, dove le grotte sono state usate come luogo di difesa e di riparo, riutilizzate in più riprese, anche nel secolo scorso, come cave, stalle, depositi di servizio per i lavori nei campi e come abitazioni di fortuna.

Forse anticamente le grotte erano utilizzate come abitazioni e luoghi di culto. Di fatto la devozione cristiana era assai diffusa, per cui in alcuni vani si trovano tracce di croci.

E sul pianoro superiore troviamo una necropoli, forse anticamente annessa allo stesso insediamento abitativo.

Capotenda, meraviglia di Gravina in Puglia

Probabilmente il toponimo Capotenda definisce una zona dove ci si accampava, come stazione di passaggio, dato che Gravina è stata sempre tappa importante lungo le vie storiche, come la Via Appia romana.

L’area è caratterizzata da due parti, una più ampia e piana sulla sommità, l’altra, più stretta e ripida, caratterizzata da rocce spettacolari e da balze degradanti verso il torrente Gravina.

Notevole anche la presenza di un’alta falesia nelle rocce, presso la quale nidifica il Corvo imperiale, nel periodo di maggio, quando è più facile vedere questi volatili planare sulla zona.

Capotenda, inoltre, è uno dei luoghi dell’intero paesaggio gravinese dove meglio si può osservare il lavoro che l’acqua prima e il vento poi, hanno fatto erodendo la calcarenite.

Vere e proprie forre che in alcuni punti vengono costrette in vasche d’acqua di contenimento, dove fino a pochi decenni fa i gravinesi erano soliti fare i bagni nella stagione estiva.

Sul pianoro più alto si trova la necropoli, disposta su larghe terrazze con le tombe, scavate nella calcarenite, costituite da vari tipi di sepolture.

Tutta questa area risente dello scavo prolungato nei secoli dei blocchi di tufo, e lungo le bancate delle cave, noi troviamo numerosi insediamenti rupestri, che si dividono in gruppi distribuiti su più pianori.

In origine le grotte presentavano piccole aperture scavate direttamente nella roccia, secondo una metodologia esecutiva tipicamente Pugliese, in seguito, a seconda delle vicissitudini del sito, le aperture vennero allargate o rifatte con tamponamenti di blocchi di tufo, secondo una metodologia Materana.

Qui è evidente come dalla parete originaria (in alto) siano stati scavati il salnitro ( a metà ) e la tufina (in basso).

La raccolta della tufina ha variato anche il livello del pavimento originale.

I fori potevano servire per aerare la stanza, per ricevere luce o per inserirvi pali per usi domestici e artigianali legati alla pastorizia.

Alcuni simboli ricordano la fede degli abitanti.

Nell’era dominata dall’intervento artificiale, si rinnova l’ unione magica tra la Natura e l’Uomo, con le tracce millenarie e geologiche delle conchiglie fossili, incastrate nelle pareti, che han dato origine alla roccia di questi insediamenti rupestri.

Gianluigi Vezoli

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